Eppure. Perché c'è sempre un eppure.

Quando mi immagino di dover descrivere la professione di psicologo, le prime riflessioni ad essere sincera sono le difficoltà di questo lavoro, che agli inizi sono addirittura triplicate. A volte penso che al momento dell’iscrizione al corso di laurea in psicologia ci dovrebbe essere scritta una frase del genere: “Attenzione, percorso lento e faticoso".

Molti di noi infatti hanno intrapreso questa strada poco consapevoli di quello che li avrebbe attesi negli anni successivi, animati da un sogno, una passione, un progetto. Ma solo percorrendolo ci si rende conto di quanto questo percorso sia complesso e duro. L’università, gli esami, la tesi sono solo il primo step. Tirocinio post-lauream, esame di stato, specializzazioni, master, scuola di psicoterapia, supervisioni, terapia personale, tirocini. E questo solo considerando la parte della formazione. Perché nel mondo del lavoro non va tanto meglio: inventarsi e reinventarsi come liberi professionisti, creare servizi innovativi, pensare a contenuti creativi, fare rete, non perdere di vista marketing e auto-promozione. Per non parlare delle difficoltà nell’affrontare la diffidenza e gli stereotipi presenti ancora troppo spesso. E poi c'è il dover lavorare sempre e per prima cosa su se stessi, essere a contatto anche con con il proprio dolore e le proprie fatiche, sapersi mettere in discussione continuamente.

Insomma, la strada è sempre in salita. E spesso ci si chiede – o ce lo chiedono gli altri – chi ce l’ha fatto fare. E chi non ha mai provato la sensazione di essere "sommersi", di essere in una strada a fondo chiuso?

Eppure. Perché c'è un "eppure". E questo "eppure" lo troviamo nelle storie che ascoltiamo ogni giorno, che ci vengono narrate con fatica, rabbia, incertezza, lacrime. Nel coraggio, nella paura, nella speranza. Nel dolore e nella rinascita, e forse, anche nel dolore della rinascita. Il nostro lavoro ci permette di entrare in contatto con qualcosa di unico. Difficile, complicato, complesso, ma unico. Quel qualcosa che è la sorpresa che è ogni essere umano. Sono proprio le persone che incontriamo in studio, al tirocinio, durante una lezione dell'università o della scuola di psicoterapia che ci suggeriscono, nei modi più disparati, le parole per descrivere quello che è essere e fare lo psicologo.

 

Mi è capitato recentemente di leggere una frase di uno psicoterapeuta americano, che traduco così: "Non è difficile far uscire gli scheletri dagli armadi delle persone, ma far uscire l'oro è tutt'altra cosa. Questa è la terapia. La psicologia è l'arte di trovare l'oro in ognuno". O meglio, nell'aiutare la persona a trovare l'oro che ha dentro di sè. Credo che questo possa essere il senso e la bellezza del nostro lavoro.  Ed è così, in fin dei conti, che descrivo la professione di psicologo.

 

di Annalisa Bonaiti

Team Apsi