Il grande sistema a Tutela dei Diritti dei bambini

Riassunto della Tavola Rotonda: Tutela Minori e Responsabilità Genitoriale

Bergamo, 4 Aprile e 16 Maggio 2016

 

Lunedì 4 aprile e lunedì 16 maggio si sono svolte le prime due Tavole Rotonde organizzate da Apsi.

La tutela dei diritti del minore è un tema che mi appassiona molto e che ho potuto approfondire grazie ad un tirocinio presso un servizio consultoriale della provincia.

Durante le due serate ho analizzato il delicato argomento toccandone i nodi centrali, quali: le autorità competenti in materia di famiglia, il diritto e l’interesse del minore, le competenze genitoriali, passando poi per la definizione del concetto di violenza, per arrivare infine all’illustrazione di due casi clinici esplicativi.

 

Le autorità competenti in materia di famiglia

 

Il tribunale dei minori: nel 1967, con la legge 430 sull’adozione speciale, comincia ad assumere le sue caratteristiche attuali, diventando così un promotore dei diritti dei minori.

 

I servizi sociali: l’art. 128 d.lgs. 112/1998 sostiene che questi enti hanno il compito di svolgere “tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazione economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurative in sede di amministrazione della giustizia”.

In particolare, i doveri dei servizi sociali sono: intervenire di propria iniziativa, attraverso un processo di intervento sociale, dove si presentano situazioni sociali difficili o che necessitano di aiuto (art. 14 e 22 c. 1° ass. soc.); decidere d’urgenza il collocamento temporaneo del minore che si trova in una situazione di pericolo immediato grave (art. 403); collaborare con l’autorità giudiziaria per assumere sommarie informazioni sulla persona in difficoltà; seguire il minorenne o maggiorenne per il quale il giudice ha disposto un intervento di protezione; valutare gli aspiranti adottanti; seguire l’andamento degli affidi e collaborare all’esecuzione dei provvedimenti giudiziari; segnalare, all’autorità giudiziaria, le situazioni di difficoltà affinché il giudice prenda i provvedimenti di protezione previsti dalla legge.

 

Il consultorio familiare: nasce per promuovere la salute e rispondere ai vari bisogni della popolazione.

 

Le norme sovranazionali e nazionali

 

Per quanto riguarda le norme sovranazionali riguardanti il diritto e l'interesse del minore, possiamo citare:

 

La dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959): viene introdotto il concetto di titolarità dei diritti per il bambino e vengono sancite una serie di norme, tra cui il divieto di ammissione al lavoro per i minori che non abbiano raggiunto un’età minima, il divieto di impiego dei bambini in attività produttive che possano nuocere alla loro salute o che ne ostacolino lo sviluppo sia fisico che materiale e il diritto del minore di ricevere cure particolari.

 

La Convenzione di New York (1989): attribuisce al fanciullo il diritto di ricevere ogni informazione rispetto ai procedimenti che lo riguardano, di essere consultato, di esprimere la propria opinione. Gli stati firmatari si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi necessari ad attuare i diritti riconosciuti ai minori. Il concetto di superiore interesse del minore diventa centrale e il bambino viene definito sia come oggetto di diritto, sia come soggetto di diritto. Infine, la famiglia viene riconosciuta come nucleo fondamentale per la tutela e la crescita del bambino e per questo deve essere sostenuta e protetta.

 

Concentrandoci ora sul sistema legislativo italiano, alla fine degli anni sessanta cominciano ad essere promulgate leggi che pongono in primo piano la tutela del minore:

 

La riforma del diritto di famiglia (1975): impone ai coniugi, attraverso l’articolo 147 c.c., l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

 

La legge del 4 maggio 1983 n. 184: sull’adozione e affidamento, afferma che il minore ha “diritto di crescere ad essere educato nell’ambito della propria famiglia”.

 

La legge 149/2001: sancisce il diritto del minore alla propria famiglia e specifica che neanche le condizioni di indigenza devono essere di ostacolo all’esercizio di tale diritto. Viene limitata la possibilità di inserire minori in istituto e vengono ampliati i requisiti minimi della coppia per ottenere l’idoneità all’adozione.

 

Provvedimenti 330 e 333: nel caso in cui un genitore violi o trascuri i propri doveri nei confronti dei figli, oppure abusi dei poteri connessi alla responsabilità parentale, arrecando pregiudizio al figlio stesso, il tribunale dei minorenni può adottare delle prescrizioni riguardanti la limitazione o la revoca della potestà genitoriale.

 

Le competenze genitoriali

 

L'individuazione delle competenze genitoriali si rifà a parametri individuali e relazionali relativi al concetto di parenting – definito da Sponchiado (2000) come la capacità di un genitore di soddisfare i bisogni fondamentali del proprio figlio, da un punto di vista sia fisico (alimentazione, pulizia e salute) sia psicologico (sicurezza, autonomia e indipendenza) – e includono l’analisi delle abilità cognitive, emotive e relazionali alla base delle funzioni genitoriali.

Attraverso un lavoro di meta-analisi della letteratura scientifica, Visentini (2006) individua otto funzioni genitoriali: La funzione protettiva, La funzione affettiva, La funzione regolativa genitoriale, La funzione normativa, La funzione predittiva, La funzione significante, La funzione rappresentativa e comunicativa, La funzione triadica.

 

La violenza e il maltrattamento all'infanzia

 

Una delle prime definizioni rispetto al concetto di violenza è stata quella del IV Colloquio Criminologico di Strasburgo secondo cui “l’abuso è quell’insieme di atti e carenze che turbano gravemente il bambino attentando alla sua integrità corporea e al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono: la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino” (Council of Europe, 1981).

 

Una formulazione più ampia è stata introdotta dalla Convenzione dei diritti sui minori: si fa riferimento al “danno o abuso fisico o mentale, trascuratezza o trattamento negligente, al maltrattamento, alle diverse forme di sfruttamento e abuso sessuale intese come induzione o coercizione di un bambino/a in attività sessuale illegale, lo sfruttamento della prostituzione o in altre pratiche sessuali allegali, lo sfruttamento in spettacoli e materiali pornografici, torture o altre forme di trattamento o punizione crudeli, inumane o degradanti, allo sfruttamento economico e al coinvolgimento in lavori rischiosi” (1991).

 

Nel 1991, il Child Protection Register inglese (Gibbons, Conroy, Bell, 1995) definisce quattro categorie di maltrattamento o violenza all’infanzia: la trascuratezza, il maltrattamento fisico, l’abuso sessuale e l’abuso/maltrattamento emozionale o psicologico.

 

La psicologia della responsabilità

 

Essere responsabili significa rispondere in modo consapevole alle conseguenze delle proprie azioni, all’interno di un contesto socio-culturale in cui eventi ed effetti sono collegati ad azioni e soggetti (De Leo, 1985).

La responsabilizzazione sembra essere una delle caratteristiche fondamentali da cui partire per la riabilitazione e l’aiuto.

Come evidenzia anche Indirli (2012), l’intervento ha l’obiettivo di proporre dei percorsi di cambiamento finalizzati al miglioramento delle relazioni famigliari; infatti la cura, non solo interrompe il ciclo, ma ha anche un potere preventivo.

L’assunzione di responsabilità da parte dei genitori diventa un nodo fondamentale soprattutto perché l’individuazione e la correzione di stili di vita familiari violenti incidono sulla qualità del sistema sociale attuale e futuro.

 

Come possiamo responsabilizzare le persone per fare in modo che agiscano in modo attivo di fronte ai problemi? Ma perché gli interventi di cura e di sostegno alla genitorialità fragile non sono sempre efficaci?

 

Bibliografia

Council of Europe (1981). Criminological Aspects of the Ill-treatment of Children in the Family, Strasbourg, Council of Europe, vol. XVIII.

De Leo G. (1985). Responsabilità: definizioni e applicazioni nel campo della giustizia minorili. In G. Ponti (a cura di). Giovani, responsabilità e giustizia. Giuffrè, Milano.

Gibbons J., Conroy S., Belli C. (1995). Operating the child protection system. HMSO Publivation, Londra.

Indirli D. (2012). La rete indispensabile: tra istituzioni, tra servizi, tra pubblico e privato. Minorigiustizia, 1, pp. 73-81.

Lenti L., Long J. (2011). Diritto di famiglia e servizi sociali. Laterza.

Sponchiado E. (2000). Strumenti per la valutazione della famiglia e del parenting. In Axia, Bonichini (a cura di).

Visentini G. (2006). Definizione e funzioni della genitorialità. In http://www.genitorialita.it.

 

Roberta Sottocorna 

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Commenti: 2
  • #1

    Alessia Giana (lunedì, 23 maggio 2016 20:02)

    Complimenti! Bellissimo riassunto. E bellissima serata dato che ero nel pubblico. Si ripeterà qualcosa sulla responsabilità genitoriale? Mi interessa molto!

  • #2

    Roberta sottocorna (giovedì, 26 maggio 2016 21:22)

    Ciao Alessia,
    Sarebbe bello ritornare sull'argomento.. Magari con il contributo di un'esperienza in qualche altro servizio.. In modo da poter anche fare dei confronti critici e costruttivi.