APsi incontra.. il Codice Deontologico

Riassunto dell'evento tenuto da Apsi presso l'Università di Bergamo

Università degli Studi di Bergamo, 2 maggio 2016

 

“Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani raccoglie le norme di comportamento cui qualunque psicologo deve strettamente attenersi nello svolgimento della propria attività, la cui osservanza è necessaria alla realizzazione di una buona pratica professionale, in qualsiasi ambito essa si eserciti. La diffusione, la conoscenza e la comprensione delle norme contenute nel presente codice sono strumenti irrinunciabili per orientarsi nella professione psicologica: valore imprescindibile per chi la esercita e garanzia fondamentale per chi ne fruisce."

 

Il Presidente dell'ordine degli Psicologi

della Lombardia dott. Riccardo Bettiga.

 

 

Lunedì 2 maggio 2016, alle ore 9:00 si e` svolto il secondo incontro targato APsi sul "Codice Deontologico degli Psicologi Italiani" . E` un documento redatto dall'Ordine degli Psicologi che contiene 42 articoli. Esso norma la professione psicologica e tutti i professionisti devono seguirlo, in quanto qualsiasi violazione può venire punita con la sospensione dall'incarico fino ad arrivare alla radiazione dall'Albo.

Durante la preparazione per l'Esame di Stato, il tirocinante psicologo, si affaccia per la prima volta allo studio di questo "Codice" che purtroppo riceve poca attenzione durante il percorso universitario. Ecco che nasce l'esigenza di proporre un ciclo di incontri ad esso dedicati, il primo dei quali appena passato. APsi ha cercato di presentare il Codice in maniera innovativa, dialogica, partendo da alcuni casi di cronaca accaduti recentemente, che riguardano dei professionisti che hanno infranto le disposizioni dell'Ordine.

Dopo un' introduzione del Prof. Angelo Compare, professore di Psicologia Clinica presso l'Università degli Studi di Bergamo, si sono susseguiti tre interventi realizzati da membri di APsi: Alessia Giana, tirocinante post-lauream presso la fondazione Don Gnocchi, Giulia Glouchtchenko, tirocinante post-lauream presso ASL di Bergamo e Annalisa Bonaiti, tirocinante presso lo studio del prof. Pietro Barbetta e il Centro Milanese di Terapia della Famiglia. Anche Alessia Clerici, tirocinante presso l'ASL di Seriate,  doveva essere presente, ma per motivi lavorativi non ha potuto far da relatrice durante la mattinata.

 

Alessia Giana ha presentato l'articolo 10 che afferma:

"Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze"

L'intervento di Alessia ha cercato di mettere in luce alcuni pareri pro e contro sperimentazione. Rizzolatti, Professore di Neuroscienze presso l'Università degli Studi di Parma scrive un articolo che intitola: "Tre menzogne sulla sperimentazione animale" cercando di decostruire le tre più famose argomentazioni degli animalisti.

-    La sperimentazione animale non serve a nulla (falso! Oggi si curano importanti malattie degenerative grazie ad essa);

-    La sperimentazione animale e` una pratica dolorosa (falso! Forse quarant'anni fa. Oggi si utilizzano sofisticate tecniche anestetiche);

-  I ricercatori dovrebbero utilizzare tecniche alternative (falso! La sperimentazione tissutale o simulata al computer, può soltanto essere complementare, ma non una sostituzione).

L'Unione Europea ha stilato invece una direttiva nel 2010 per la tutela del benessere animale, inserendo specifiche regole che tutelano l'ambiente di vita, le tecniche di soppressione e una dettagliata descrizione di cosa si intende per pratica lieve, moderata o grave.

 

Successivamente Giulia ha fatto il suo intervento sull'Articolo 11 relativo al segreto professionale. Innanzitutto sono stati discussi concetti quali la privacy, il segreto professionale, come vadano raccolti i dati personali e in che modo vadano custoditi. Grazie all'esposizione di alcuni casi clinici si sono potute approfondire le sfaccettature dell’applicazione dell’articolo 11 che recita come segue:

LO PSICOLOGO È STRETTAMENTE TENUTO AL SEGRETO PROFESSIONALE. PERTANTO NON RIVELA NOTIZIE, FATTI O INFORMAZIONI APPRESE IN RAGIONE DEL SUO RAPPORTO PROFESSIONALE, NÉ INFORMA CIRCA LE PRESTAZIONI EFFETTUATE O PROGRAMMATE, A MENO CHE NON RICORRANO LE IPOTESI PREVISTE DAGLI ARTICOLI SEGUENTI”.

Ci si è successivamente concentrati sulla discussione e l’approfondimento soprattutto sui casi in cui si deve derogare a questo articolo ed alla differenza tra gli obblighi dello psicologo libero professionista e dello psicologo che ricopre il ruolo di pubblico ufficiale. Sono stati portati esempi quali: lo psicologo libero professionista il quale, nell'assistere un paziente, venga a conoscenza che questi ha abusato sessualmente di un minore, non sarebbe obbligato a referto, perché esso esporrebbe il paziente a procedimento penale; ed anche: se lo psicologo libero professionista venisse a conoscenza che il paziente ha subito violenza sessuale, potrebbe procedere al referto dal momento che il paziente risulterebbe vittima del reato commesso ai suoi danni da un terzo. Al contrario nel caso in cui lo psicologo –in veste di pubblico ufficiale ovvero incaricato di un pubblico servizio- venga a conoscenza di un reato è tenuto a denunciare senza ritardi e per iscritto, purché si tratti di un reato perseguibile d’ufficio.

Parlando di questo articolo è stato inevitabile non nominare anche l’articolo 12 e l’articolo 13. In particolare l’articolo 13 recita:

“NEL CASO DI OBBLIGO DI REFERTO O DI OBBLIGO DI DENUNCIA, LO PSICOLOGO LIMITA ALLO STRETTO NECESSARIO IL RIFERIMENTO DI QUANTO APPRESO IN RAGIONE DEL PROPRIO RAPPORTO PROFESSIONALE, AI FINI DELLA TUTELA PSICOLOGICA DEL SOGGETTO NEGLI ALTRI CASI, VALUTA CON ATTENZIONE LA NECESSITÀ DI DEROGARE TOTALMENTE O PARZIALMENTE ALLA PROPRIA DOVEROSA RISERVATEZZA, QUALORA SI PROSPETTINO GRAVI PERICOLI PER LA VITA O PER LA SALUTE PSICOFISICA DEL SOGGETTO E/O DI TERZI”.

Un’approfondita analisi di questo articolo permette di risolvere dubbi deontologici e fornire soluzioni a problemi pratici come i casi in cui lo psicologo, nell'ambito del proprio rapporto professionale, apprende dal paziente che lo stesso abusa sessualmente di un minore. In questo caso è da ritenersi che la fattispecie costituisca un’ipotesi in cui ci si possa avvalersi dell’articolo 13 (anche se non c’è obbligo di referto in quanto ciò esporrebbe il paziente/cliente ad un processo penale) invocando la giusta causa di deroga all'obbligo di mantenere il segreto professionale enunciato all'articolo 11.

 

Annalisa Bonaiti ha invece trattato l'articolo 8, relativo all'esercizio abusivo della professione di psicologo. Con esercizio abusivo si intende ogni tentativo di svolgere un’attività che sia riconducibile ad una professione per la quale la legge prevede una formazione specifica.

Grazie alla presentazione di un caso di cronaca, ci si è addentrati nel vivo della discussione  dell’articolo, il quale sostiene che:

LO PSICOLOGO CONTRASTA L’ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE COME DEFINITA DAGLI ARTICOLI 1 E 3 DELLA LEGGE 18 FEBBRAIO 1989, N. 56, E SEGNALA AL CONSIGLIO DELL’ORDINE I CASI DI ABUSIVISMO O DI USURPAZIONE DI TITOLO DI CUI VIENE A CONOSCENZA. PARIMENTI, UTILIZZA IL PROPRIO TITOLO PROFESSIONALE ESCLUSIVAMENTE PER ATTIVITÀ AD ESSO PERTINENTI, E NON AVALLA CON ESSO ATTIVITÀ INGANNEVOLI OD ABUSIVE.”

Poiché richiamata dall'articolo stesso, è stata citata e spiegata le legge n. 56/89, la quale ha regolamentato la professione di psicologo in Italia stabilendo che questo titolo è riservato solamente a chi possiede l’abilitazione e l’iscrizione al relativo Albo, possibile solo per chi possiede un diploma di laurea in psicologia e ha effettuato il tirocinio previsto. Tale legge definisce anche le attività tipiche svolte dagli psicologi, rimanendo però piuttosto generica. È anche a causa di questa indeterminatezza che sono proliferate numerose professioni “limitrofe” a quelle di psicologo e ciò rende più complesso il definire cosa è o non è esercizio abusivo della professione.

Per definire al meglio le attività caratteristiche dello psicologo e ciò che non è di competenza esclusiva dello psicologo, ci si è avvalsi delle sentenze, che hanno permesso di regolamentare in modo più chiaro e specifico le attività tipiche dello psicologo.

In particolare, durante l’incontro Annalisa ha presentato tre sentenze fondamentali nella tutela della professione di psicologo: la sentenza del TAR del Lazio sulle attività di counseling (2015), la sentenza della Corte Suprema di Cassazione sul caso Platè (2006) e la sentenza di primo grado del Tribunale di Ravenna sul caso Abela (2007). In sintesi, i punti principali specificati da queste sentenze sono:

- solo lo psicologo può compiere attività diagnostica e valutare la gradazione del disagio psichico;

- rientrano nelle competenze proprie dello psicologo gli interventi sul disagio psicologico di qualunque entità, anche al di fuori dei contesti clinici.

Sono state esposte anche le conseguenze relative all'esercizio abusivo della professione. Infatti, ciò costituisce un reato punito dall'articolo 348 del Codice Penale. Inoltre, l’articolo 26 della legge 56/89 stabilisce delle sanzioni per chi, pur avendo i requisiti richiesti e pur essendo iscritti all'Albo professionale si rendono colpevoli di abuso o mancanza nell'esercizio della professione.

Durante l’incontro è stato inoltre posto in evidenza il fatto che l’articolo 8 è di fondamentale importanza non solo per gli psicologi e per la difesa della loro professionalità, ma anche e soprattutto per i pazienti, che grazie anche a questo articolo possono godere di una tutela maggiore, poiché viene contrastata l’attività di persone con una preparazione dubbia o lacunosa rischierebbero non solo di non dare l’aiuto richiesto dal paziente, ma anche di comprometterne la salute e il benessere.

  

Infine Giulia ha approfondito l'articolo 21, preparato da Alessia Clerici:

“L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all'attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all'esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull'applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche.”

Questo articolo definisce quali sono gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento, a quali persone, anche se non psicologi, tali tecniche e strumenti possono essere insegnate; ma soprattutto ammette che le “conoscenze psicologiche” possono essere insegnate a chiunque.

Lo psicologo quindi può trasmettere quelle conoscenze che possono essere utili ad altre professioni. Prendiamo l’esempio della comunicazione medico-paziente, oppure il caso in cui alcune infermiere non riescano a comprendere perché dei pazienti non siano collaboranti all'interno di un reperto di cardiologia e non prendano i farmaci salva-vita.

Si è successivamente parlato delle diverse tipologie di test utilizzabili da alcune figure specifiche, sono state inoltre specificate le modifiche all'articolo introdotte dal referendum del 2013 proposto dal CNOP in seguito al quale il nuovo testo dell’art. 21 indica con maggiore specificità “gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento” specifiche degli psicologi. È stata infine intavolata una discussione riguardo a due aspetti dell’articolo: il primo inteso come strumento a tutela della specificità professionale dello psicologo ed il secondo inteso come un tentativo di arginare figure simili a quella dello psicologo, ma prive delle relative competenze specifiche, ciò tanto a tutela sia della Professione ma soprattutto dei clienti.

  

L'incontro ha riscosso un buon interesse da parte degli studenti, quindi APsi ha deciso di fare un "bis" approfondendo la tematica, attraverso altri articoli del Codice.

Alla prossima!

 

                                                                                                                       

ALESSIA GIANA 

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Commenti: 2
  • #1

    Sabrina (venerdì, 20 maggio 2016 10:33)

    Credo che nelle università dovrebbero essere affrontati molto di più i temi pratici legati alla professione, proprio come in questo caso!

    Ottimi spunti di riflessione!

  • #2

    Roberta (sabato, 28 maggio 2016 12:15)

    Sabrina sono molto d'accordo con te!
    Ho trovato l'incontro molto accattivante e allo stesso tempo chiaro. Aspetto la seconda parte!