Assertività: Modalità di vivere o stile comunicativo da intraprendere?

Recensione dell'incontro "La comunicazione assertiva"

 

 

Che cos’è l’assertività? Si può imparare? È l’unica modalità corretta di approcciarsi agli altri? A questa ed altre domande ha cercato di rispondere la dottoressa Isabella Di Paoli nell’incontro che sto per recensire.

 

L’introduzione dell’incontro che si è svolto in questa serata è stata dedicata ad una piccola analisi dei tre metodi di comunicazione presi in esame:

 

 

·         L’atteggiamento PASSIVO: le caratteristiche che descrivono questo modo di dialogare (o di non farlo) sono rappresentate prima di tutto dalla rinuncia alle proprie esigenze. Spesso ci si ritrova a tacere il proprio bisogno nel momento in cui l’altro ce ne presenta uno suo, quasi a voler sottovalutare l’importanza delle necessità personali a favore di una supposta urgenza dell’altro. Tenendo conto che l’intero ragionamento si dipana tra le idee del soggetto passivo, è comprensibile come la speranza che questi ripone nel cambiamento dell’altro rimane semplicemente un’aspettativa personale. Il tono della voce indeciso potrebbe rivelare un qualche tipo di disappunto ma nella maggior parte delle ipotesi, se si prova a interrogare la persona (“C’è qualcosa che non ti quadra in quello che diciamo?”) questa tenderà a mantenere la posizione di assoggettamento nei confronti dell’interlocutore (“No no, figurati!”). Allo stesso modo, una proposta ci sembrerà quasi un obbligo se siamo in questa posizione; la famosa espressione “Io non so dire di no alle persone”, sottintende una certa dose di frustrazione dettata a volte da un senso di inadeguatezza nei confronti degli altri o dal timore di non essere accettato in una determinata comunità di persone. È plausibile pensare che uno stile passivo sia inoltre caratterizzato dalla tristezza tipica di chi non riesce a far valere il proprio pensiero nelle diverse occasioni che si presentano.

 

 

 

·         Il comportamento AGGRESSIVO: questa seconda modalità di espressione si differenzia dalla prima per i metodi messi in atto nel comunicare ma anche per l’effetto pragmatico su chi ascolta; se è vero che accettare passivamente le decisioni degli altri senza mai proporre qualcosa di diverso o criticare l’operato altrui è, in fin dei conti, comodo per chi ci sta intorno, è altrettanto vero che sentirsi attaccati, squalificati e mortificati non piace a nessuno. Per questo motivo, spesso le persone che utilizzano questo modo di porsi, ottengono come risultato il fatto di essere escluse realmente dalle occasioni di confronto. Passando alla descrizione del modus operandi del soggetto aggressivo, possiamo notare che, in occasione di conflitto, tenderà ad attribuire un giudizio negativo alla persona che ha compiuto l’azione e non all’accaduto stesso; le espressioni di disprezzo saranno quanto più marcate e tal volta non proporzionate a quanto accaduto. Possiamo facilmente immaginare il tono di voce tagliente, stizzito, e sovraccarico (oltre agli appellativi che collegano la sua testa con l’apparato riproduttivo maschile) con cui potremmo rimproverare il nostro collega di lavoro nel momento in cui non avesse svolto alla perfezione un compito di cui condividiamo le responsabilità. Di fatto, l’attivazione del sistema simpatico (non facciamoci tradire dal nome) a cui si va in contro in questi casi è né più, ne meno la famigerata reazione di attacco contrapposta alla fuga che si attiva nelle situazioni di pericolo… Lascio ai lettori la riflessione a riguardo. Dunque, ricapitolando: la rabbia è l’emozione che spinge ad essere aggressivi, per mantenere questo tipo di assetto è essenziale concentrarsi sulle colpe dell’altro, il presupposto da cui si parte è che esista una relazione tra la volontà degli altri di sopraffarci e la mancata soddisfazione della nostra volontà.

 

 

 

·         La modalità ASSERTIVA: è una modulazione efficace sia a livello pragmatico che emotivo. A differenza delle due precedenti, questo tipo di comunicazione si riconosce da una prima caratteristica: è esplicita; e non si parla dei termini espliciti con cui il senso di rabbia ci spinge a qualificare l’altro ma del senso di chiarezza che si viene a creare nel momento in cui si rendono noti i propri stati d’animo. Per fare questo, spesso c’è bisogno di “prendersi del tempo” in cui riflettere in maniera consapevole su cosa ha causato in me la comunicazione con l’altro, senza però procrastinare le scelte fino a farle diventare inutili (come si farebbe nell’atteggiamento passivo). Ammettere la propria difficoltà nell’elaborare una risposta decisa comunica all’altro sia il disagio nel prendere posizione, sia la volontà di partecipare al dialogo in maniera più che costruttiva. Ci si immerge di fatto nella conversazione, senza però annegarci dentro! Da questa caratteristica ne possiamo derivare altre due: la possibilità di trovare la soluzione dei conflitti all’interno del conflitto (e non cercando di sottomettersi o prevaricare sull’altro) e l’evitamento della rinuncia alla propria volontà. Nel manifestare le emozioni, è di cruciale importanza ascriverle a sé; “IO mi sono sentito in imbarazzo” è diverso da “TU MI HAI messo in imbarazzo”, la prima è una condivisione di una presa di coscienza, la seconda è un’accusa! Per quanto riguarda le emozioni che entrano in gioco con questo tipo di comunicazione è possibile parlare di soddisfazione, per esempio nel veder accettata una propria opzione alternativa nell’attività da svolgere il sabato sera, di sicurezza, in quelle occasioni in cui una risposta affrettata mi avrebbe portato a rimetterci dei soldi, del tempo o semplicemente a mettere da parte una mia necessità, semplicemente per accontentare l’altro.

 

Ragionando sull’etimologia della parola assertività ci si accorge che ha la stessa radice di asserire, affermare, quindi di fatto è un buon modo per far passare un concetto ad un’altra persona senza per questo mettersi in una posizione di superiorità. L’idea di fondo è che i concetti vengano mutuati nel qui ed ora.

 

 

“… Ma se io sono sempre stato aggressivo/passivo, mica mi basta sapere che esiste per cambiare!“

 

 

ESATTO! L’assertività può essere senza dubbio allenata però!

 

 

Prima di tutto, come è possibile pensare, alla base dello smarcamento dagli stili comunicativi passivi e aggressivi si deve allenare l’autostima. Quello che io dico ha un valore… E anche quello che dici tu! Durante la presentazione, la dott.ssa Di Paoli ha più volte ricordato che è un diritto di ognuno di noi quello di portare avanti le proprie volontà, ma anche quello di essere tristi, arrabbiati o delusi da una situazione o da un comportamento, proprio o altrui. Da ciò si ricava una buona capacità di accogliere le opinioni degli altri: le critiche e gli apprezzamenti per ciò che io comunico (e come lo comunico) sono da tenere in conto!

 

C’è da dire che la comunicazione assertiva non è un’impostazione tout court del discorso: seppur sia da considerarsi come la via maestra da seguire per una corretta soluzione dei conflitti e per una tranquilla relazione con gli altri, è previsto che questo atteggiamento possa essere abbandonato in determinate occasioni.

 

 

Vedo difficile reagire con assertività all’impiegato dell’ufficio dell’agenzia delle entrate che, con fare superbo insulta la tua intelligenza facendo domande del tipo “Ma il documento che io ho in mano, l’ha consegnato all’agenzia delle entrate?”…

 

 

D’altra parte è anche complicato gestire una conversazione con una persona che continua a comunicare i propri stati d’animo e le fini emozioni che scaturiscono dal proprio processo primario a tutto il gruppo con cui si sta decidendo la meta per il prossimo capodanno, quando la domanda è: “Casa mia a Sondrio o alberghetto a Trieste???”

 

 

A parte gli scherzi, ringrazio infinitamente Isabella per l’esposizione chiara e ricca degli argomenti e rimando voi tutti al suo sito internet (http://www.dipaolipsicologa.it/) su cui troverete tutti i dettagli sui progetti che porta avanti. Ringrazio voi per aver letto e chiunque voglia lasciare un commento (così chi legge e commente si becca i doppi ringraziamenti… Se poi è Isabella a fare tutto questo, i ringraziamenti si triplicano… TROPPO ASSERTIVO!).

 

 

Ciao!

 

 

 

 

 

Demetrio Martorano

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